Il numero dei giovani italiani di talento che scelgono di continuare il proprio percorso di studio e ricerca all’estero è in continuo aumento. La “fuga di cervelli” è fonte di grave perdita economica per il nostro paese. Dopo aver investito nella formazione di base dei giovani, perdiamo i migliori al momento del conseguimento della laurea o del dottorato, cioè quando l’investimento potrebbe iniziare a produrre frutti. Il fenomeno è particolarmente grave nel campo della ricerca scientifica.
Le università italiane imputano la propria scarsa attrattività alle limitate risorse economiche disponibili. Le risorse sono scarse ma parte del problema è utilizzarle con efficacia. Concentrare le risorse per trattenere i talenti formati in Italia, e cercare di attrarne qualcuno in più tra gli stranieri, può rivelarsi un investimento che si ripaga nel medio termine. Con possibilità di innescare nel lungo periodo un circolo virtuoso: perché la concentrazione di talento attrae altro talento.
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Marco Magnani – Il Sole 24 Ore 19.11.2015
L’Italia ha una tradizione consolidata di paese d’emigranti. Si dice che ai circa 60 milioni di italiani che vivono nella penisola se ne aggiungano altrettanti all’estero. In passato il nostro paese ha esportato molte “braccia” alla ricerca di lavoro; negli ultimi decenni il flusso in uscita è stato soprattutto di “cervelli”: ricercatori, medici, artisti, imprenditori, manager, lavoratori qualificati. Non si tratta di brain exchange ma di brain drain: il flusso netto di capitale umano altamente qualificato è fortemente sbilanciato in uscita.
Il “capitale relazionale” è la carta dell’Italia per compensare il fenomeno. L’esempio India: il paese ha valorizzato i contatti con i propri studenti nel mondo rafforzando così l’alleanza strategica con gli USA.
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Marco Magnani – Il Sole 24 Ore 29.07.2015