Sono trascorsi solo sei mesi, ma l’era Obama sembra molto lontana. Il 20 gennaio, giurando sulla scalinata di Capitol Hill con la mano sinistra sulla Bibbia di Abraham Lincoln, Donald Trump diventava il 45° presidente degli Stati Uniti d’America. Il sentimento allora diffuso era un misto di preoccupazione e speranza. Preoccupazione che il nuovo inquilino della Casa Bianca non fosse all’altezza dell’ufficio. Speranza che il ruolo, le responsabilità e la squadra di governo potessero trasformare un candidato pittoresco in un buon presidente. Era già successo in passato. Oggi a sei mesi di distanza, nonostante il buon andamento dell’economia, la preoccupazione è aumentata e le speranze si sono affievolite.
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