In Italia esistono 96 università (comprese undici telematiche) con corsi attivati in almeno 200 sedi: quasi il doppio dei capoluoghi di provincia. Ogni città , negli ultimi vent’anni, ha preteso di avere l’università , la fiera, l’aeroporto, nell’illusione di diventare un polo importante in grado di attrarre investimenti. Hanno invece spesso accumulato perdite, in assenza di massa critica e di economie di scala. I giovani, quasi prolungando il liceo, hanno creduto di acquisire competenze elevate e lauree spendibili sul mercato del lavoro, restando in casa dei genitori ben oltre l’età media dei coetanei europei e americani. L’impatto negativo sulla mobilità fisica e sociale è sotto gli occhi di tutti.
Il colpo di grazia all’ormai insostenibile università sotto casa potrebbe paradossalmente arrivare dall’università ovunque, con i Mooc gratuiti. I Massive Open Online Courses sono accessibili con estrema facilità e la loro offerta si adatta rapidamente alla domanda del mercato.
I corsi online rappresentano solo una delle tante sfide dell’università , dal collegamento con le imprese nel campo della ricerca, alla capacità di attrarre risorse private, studenti e docenti dall’estero, attraverso la trasparenza delle carriere e il riconoscimento del merito. L’università italiana deve decidere se vuole confrontarsi seriamente con i processi d’innovazione radicale, in atto nelle università del mondo sviluppato. Ridurre il numero delle sedi è un passo importante per prepararsi alle nuove sfide, concentrando risorse, eliminando sprechi e spingendo i giovani ad andare a studiare fuori sede.
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Marco Magnani – Il Sole 24 Ore 24.11.2014