Dalla cultura che lascia affamati (“non si mangia”) alla cultura che rilancia lo sviluppo dell’Italia post-industriale e schiude un nuovo Rinascimento al Paese che vanta il maggiore patrimonio storico-artistico del mondo, il passo non è breve. Ma in pochi anni sembrerebbe compiuto. A parole. Arti dello spettacolo, dalla musica al teatro, musei, architettura e siti archeologici sono definiti “motori di crescita economica” anche da chi non abbia alcuna idea su come mettere in pratica e organizzare un così vasto programma.
Sono definiti “motori di crescita economica” anche da chi non immagina neppure quanti passi indietro debba fare chi “occupa” il patrimonio per gestire posti (e spese) anziché valorizzare luoghi, lasciandoli cadere a pezzi come avviene (almeno in parte) a Pompei.
La cultura, piaccia o meno, è divenuta bene di consumo, anche grazie alle tecnologie digitali; la sua domanda è globalizzata e centinaia di milioni di turisti dei nuovi mondi invadono ogni anno l’Europa (molto meno l’Italia): è il momento di indirizzare in modo strategico l’uso del nostro ricco patrimonio, in prospettiva di medio-lungo termine ed economicamente sostenibile.
Leggi il resto della recensione
Leggi il resto della recensione in pdf
Il Sole 24 Ore – 19 Novembre 2013